martedì 30 novembre 2010

Un pò di chiarezza sulla nostra iniziativa

Siccome abbiamo ricevuto, da più parti, la richiesta  di meglio specificare le motivazioni che ci hanno portato ad organizzare una raccolta firme a favore della commercializzazione dei prodotti agricoli israeliani, allego a questo post un articolo tratto dal "Corriere di Bologna" del 12 ottobre scorso. Credo che si commenti da solo.

il caso

Coop, dai soci 3 mila firme
contro prodotti da colonie israeliane

Contro l'ipotesi di accordo commerciale con l'Agrexco, esportatore israeliano di prodotti agricoli


«No ai prodotti illegali nella mia Coop»: con questo slogan domani saranno presentate nella sede di Casalecchio 3.000 firme di soci Coop (pari a oltre il 50%) contro la conclusione di accordi commerciali tra Coop Italia e la Agrexco (esportatore israeliano di prodotti agricoli).
Le firme, raccolte on line e anche nei supermercati di varie città italiane, saranno consegnate alle 11.30 dagli esponenti della Coalizione contro l’Agrexco e dal coordinamento Campagna Bds di Bologna. «Queste firme - spiegano gli organizzatori in una nota - testimoniano la preoccupazione di un numero consistente di soci e clienti per la decisione di Coop Italia di continuare a commercializzare i prodotti provenienti dalle colonie israeliane e di mantenere rapporti commerciali con aziende che traggono profitti dal regime di occupazione illegale dei territori palestinesi». Secondo i manifestanti, che chiedono alla Coop di non firmare il previsto accordo commerciale con l’Agrexco, «non può essere considerato legittimo né etico commercializzare merci prodotte in un regime di occupazione militare», a prescindere da come vengono etichettate. L’ eventuale accordo Coop-Agrexco infatti - spiega la nota - dovrebbe includere norme per garantire la tracciabilità dei prodotti provenienti dalla colonie e differenziarli da quelli prodotti in Israele. Ma questo - si sottolinea - «non risolverebbe la questione di fondo delle pratiche illegali di aziende come Agrexco».

11 ottobre 2010
"Il Corriere di Bologna.it"

mercoledì 17 novembre 2010

La Genova che vorremmo sempre vedere...

Il giorno 16 novembre si è tenuta a Genova l'inaugurazione della Mostra: "888 Impianti raccontano - L'evoluzione tecnologica al servizio della siderurgia -" promossa e realizzata da "Ansaldo Sistemi Industriali, ASI",  attualmente con sede a Milano, con la collaborazione della Fondazione Ansaldo.
Erano presenti i vertici dell'Azienda, in particolare l'Amministratore Delegato , dott. Claudio Gemme, e  il Presidente e proprietario,  Signora Lynn Tilton, del gruppo Patriarch, fondo di investimento che negli Stati Uniti sta ottenedo numerosi successi nel campo del salvataggio di imprese dalle buone potezianlità, ma in debito di ossigeno. Oltre a loro, erano presenti gli attuali migliori clienti di ASI, e cioè i dirigenti del gigante cinese Quantong, uno dei maggiori produttori di acciaio al mondo.
Vedere che un marchio storico, della Genova produttiva di altri tempi, è riuscito non solo ad uscire dalla crisi che coinvolge l'intero paese e l'intera regione, ma anche a proporsi per nuove sfide, nei nuovi mercati emergenti, deve essere un segnale che Genova non può non cogliere. Insieme ai marchi Finmeccanica, infatti, Ansaldo Sistemi Industriali è il biglietto da visita di un Know how made in Italy, che ancora sa farsi valere.
Speriamo solo che le Istituzioni e gli imprenditori, che pure in città non mancano, sappiano sfruttare l'occasione  di questa esperienza positiva. Per chi vuole vedere la mostra c'è tempo fino al 26 novembre, presso il sottoporticato di Palazzo Ducale, ingresso gratuito.

lunedì 15 novembre 2010

La Genova che non vorremmo Mai vedere.

Pubblichiamo qui di seguito un articolo apparso sul "Secolo XIX" di oggi, 15 novembre 2010. Purtroppo a pochi giorni dalla marcia per la memoria dedicata al ricordo del giorno in cui furono deportati gli ebrei genovesi (3 novembre 1943) dobbiamo registrare un episodio che, a quanto dice l'articolo, tutto è meno che un tentativo di distensione. Ed anche la città ha le sue colpe.
E' colpevole, infatti, nel non voler essere il ponte naturale, tra Oriente ed Occidente, che per tanti secoli è stata, favorendo il dialogo e la comprensione tra i popoli.
Non tutti, però, hanno deciso di fare finta di nulla. Genova - Acquisgrana si prodigherà sempre per trasformare questa situazione, in un'opportunità di crescita, morale e di indirizzo europeo, come una grande città dovrebbe sempre essere.


“Lite tra studenti, l’israeliano: ho paura a uscire solo”
Da: “IL SECOLO XIX” di Genova  
15 novembre 2010
«Ho paura ad uscire da solo e anche la polizia ed il consolato mi hanno consigliato di non farlo»: lo racconta Asaf Uzan, lo studente israeliano di 26 anni, che frequenta Architettura a Genova che ha denunciato di essere stato aggredito da uno studente palestinese.
Nelle interviste pubblicate stamani dal “Secolo XIX”, i due studenti Uzan e Ibrahim Abdelhadi, di 22 anni, studente palestinese di Medicina, spiegano le loro diverse verità. L’israeliano racconta che il palestinese durante l’aggressione gli avrebbe gridato «ammazzo gli ebrei», ma lo studente palestinese smentisce. «Alla casa dello studente torno solo per dormire perché quello che mi ha picchiato continua ad andare tranquillamente in mensa, come se nulla fosse successo - dice Assaf - la polizia non gli ha fatto niente e nemmeno l’Arrsu a cui avevo già denunciato il problema di questo studente e di tutto il suo gruppo anti israeliano».
Secondo la versione fornita da Uzan, al suo arrivo in mensa era andato a sedersi «con altri amici italiani ma lui non la smetteva di guardarmi fisso. Così gli ho chiesto se aveva problemi e lui mi ha puntato la forchetta. Poi mi ha colpito ed gridando `ammazzo gli ebrei´. Ha tentato anche di ferirmi con un coltello. Poi mi sono rifugiato in cucina ed ho detto alla cuoca di chiamare la polizia. Ma la polizia non arrivava - continua il ragazzo - e così sono uscito dal retro, ho scavalcato un muro e sono corso in questura. Ma avevo difficoltà a spiegare, così sono andato da amici che mi hanno portato in ospedale e poi di nuovo in questura».
Il palestinese Ibrahim Abdelhadi, afferma invece: «Sono di Gaza, non torno a casa da quattro anni per colpa della guerra, con altri israeliani ed ebrei non ho mai avuto problemi. Ma se uno che ha detto di essersi divertito a fare il servizio militare nella mia terra mi fissa con strafottenza, non lo riesco a tollerare. Non era la prima volta che mi provocava con sguardi e gesti. Ed ho sentito che si vantava di aver ucciso in guerra. Ma non ho mai detto in arabo che ammazzo gli ebrei come mi accusa di aver fatto: c’erano testimoni, parlavo italiano».
Il giovane ebreo dice ora: «vorrei che qui in Italia potessimo vivere tutti in pace da studenti senza portarci dietro i conflitti dei nostri Paesi». Ma il palestinese conclude: «Vorrei chiudere questa storia ma fare la pace non si può. Come posso stringere la mano ad uno che ha fatto e forse farà la guerra sulla mia terra?».