lunedì 15 novembre 2010

La Genova che non vorremmo Mai vedere.

Pubblichiamo qui di seguito un articolo apparso sul "Secolo XIX" di oggi, 15 novembre 2010. Purtroppo a pochi giorni dalla marcia per la memoria dedicata al ricordo del giorno in cui furono deportati gli ebrei genovesi (3 novembre 1943) dobbiamo registrare un episodio che, a quanto dice l'articolo, tutto è meno che un tentativo di distensione. Ed anche la città ha le sue colpe.
E' colpevole, infatti, nel non voler essere il ponte naturale, tra Oriente ed Occidente, che per tanti secoli è stata, favorendo il dialogo e la comprensione tra i popoli.
Non tutti, però, hanno deciso di fare finta di nulla. Genova - Acquisgrana si prodigherà sempre per trasformare questa situazione, in un'opportunità di crescita, morale e di indirizzo europeo, come una grande città dovrebbe sempre essere.


“Lite tra studenti, l’israeliano: ho paura a uscire solo”
Da: “IL SECOLO XIX” di Genova  
15 novembre 2010
«Ho paura ad uscire da solo e anche la polizia ed il consolato mi hanno consigliato di non farlo»: lo racconta Asaf Uzan, lo studente israeliano di 26 anni, che frequenta Architettura a Genova che ha denunciato di essere stato aggredito da uno studente palestinese.
Nelle interviste pubblicate stamani dal “Secolo XIX”, i due studenti Uzan e Ibrahim Abdelhadi, di 22 anni, studente palestinese di Medicina, spiegano le loro diverse verità. L’israeliano racconta che il palestinese durante l’aggressione gli avrebbe gridato «ammazzo gli ebrei», ma lo studente palestinese smentisce. «Alla casa dello studente torno solo per dormire perché quello che mi ha picchiato continua ad andare tranquillamente in mensa, come se nulla fosse successo - dice Assaf - la polizia non gli ha fatto niente e nemmeno l’Arrsu a cui avevo già denunciato il problema di questo studente e di tutto il suo gruppo anti israeliano».
Secondo la versione fornita da Uzan, al suo arrivo in mensa era andato a sedersi «con altri amici italiani ma lui non la smetteva di guardarmi fisso. Così gli ho chiesto se aveva problemi e lui mi ha puntato la forchetta. Poi mi ha colpito ed gridando `ammazzo gli ebrei´. Ha tentato anche di ferirmi con un coltello. Poi mi sono rifugiato in cucina ed ho detto alla cuoca di chiamare la polizia. Ma la polizia non arrivava - continua il ragazzo - e così sono uscito dal retro, ho scavalcato un muro e sono corso in questura. Ma avevo difficoltà a spiegare, così sono andato da amici che mi hanno portato in ospedale e poi di nuovo in questura».
Il palestinese Ibrahim Abdelhadi, afferma invece: «Sono di Gaza, non torno a casa da quattro anni per colpa della guerra, con altri israeliani ed ebrei non ho mai avuto problemi. Ma se uno che ha detto di essersi divertito a fare il servizio militare nella mia terra mi fissa con strafottenza, non lo riesco a tollerare. Non era la prima volta che mi provocava con sguardi e gesti. Ed ho sentito che si vantava di aver ucciso in guerra. Ma non ho mai detto in arabo che ammazzo gli ebrei come mi accusa di aver fatto: c’erano testimoni, parlavo italiano».
Il giovane ebreo dice ora: «vorrei che qui in Italia potessimo vivere tutti in pace da studenti senza portarci dietro i conflitti dei nostri Paesi». Ma il palestinese conclude: «Vorrei chiudere questa storia ma fare la pace non si può. Come posso stringere la mano ad uno che ha fatto e forse farà la guerra sulla mia terra?».

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